giovedì 30 giugno 2011

La Tav in Val Susa e i rischi per i beni culturali

Le forze di polizia hanno occupato il Museo Archeologico della Maddalena di Chiomonte. Come già accaduto alre volte nella storia, con le truppe napoleoniche prima e i nazisti poi, uomini dell'esercito e tecnici Tav si sono impossessati di uno spazio della collettività e della cultura italiana per insediare i loro uffici. Qual è ad oggi la situazione e il rischio per i beni culturali in Val Susa? Ne ha parlato a Radio Marconi l'assessore alla cultura di Chiomonte Cristina Uran.

mercoledì 29 giugno 2011

Il Vietnam a Chiomonte 1

Ruspe dell'esercito che devastano l'autostrada per isolare i manifestanti. Gas lacrimogeni fuorilegge per intossicare i No Tav. Maroni, che da bravo Leghista dovrebbe difendere un territorio "padano", dà ordine di aggredire chi dice no ad un dissesto che riguarda tutti noi italiani: a nord una valle morirebbe per sempre e l'Italia intera pagherebbe un'opera inutile e in perdita sin dalla sua progettazione. Vi propongo i video realizzati da Vittorio Bertola, consigliere comunale a Torino, presente al presidio in Val di Susa lunedì scorso.

Il Vietnam a Chiomonte 2

Seconda parte del video del consigliere Vittorio Bertola

martedì 28 giugno 2011

La Val Susa paura non ne ha!

Duemila uomini delle forze dell'ordine ieri hanno sfondato i presidi No Tav in Val di Susa. Un atto di violenza che ha suscitato reazioni in giro per l'Italia. Nel pomeriggio a Milano, con partenza da piazza San Babila, alcune centinaia di manifestanti hanno urlato il loro no ad un'opera inutile e dannosa per l'uomo e l'ambiente. Qui trovate l'audio cronaca della sfilata di protesta. Buon ascolto.
(Per la foto, fonte: http://www.facebook.com/pages/NO-TAV/40019706447?sk=wall)

giovedì 23 giugno 2011

Da Bologna a Firenze a 5 km all'ora

No, nessun rallentamento tra Rioveggio e Barberino del Mugello. Cinque all'ora è la velocità di marcia di chi ha compiuto a piedi un viaggio da Piazza Maggiore a Piazza della Signoria, attraversando zaino in spalla l'Appennino. Un omaggio al territorio ma soprattutto la denuncia del disastro ambientale causato dalla Tav che collega Bologna e Firenze. Ne parla Wu Ming 2 nel libro "Il sentiero degli dei" (Ediciclo). Qui trovate l'intervista andata in onda su Radio Marconi. Buon ascolto!

mercoledì 22 giugno 2011

Restiamo uniti! La mafia ci divora


Lettera Aperta di Giuseppe Catozzella, giornalista e autore del libro "Alveare. Il dominio invisibile e spietato della 'ndrangheta del Nord":


"Sono convinto sia profondamente sbagliato sottomettersi alla logica dell’audience che vuole sia la quantità di vendite a fare da amplificatore di una verità scritta nero su bianco. Solo se uno scrittore, un giornalista, un regista, un attore sono già arrivati a tantissima gente allora fa comodo ai grandi giornali o alle tv parlare di ciò che essi dicono nelle loro opere.
No, ciò che un libro, un’inchiesta giornalistica, un documentario, uno spettacolo teatrale, anche solo un articolo di cronaca giudiziaria racconta sta prima di quanto ha venduto. Bisognerebbe considerare l’oggetto e non il consenso che ne deriva e in quale quantità.

L’11 maggio 2011 è partito il maxi processo alla ‘ndrangheta in Lombardia, diviso tra rito abbreviato e rito ordinario (questo celebrato nell’aula bunker di via Ucelli di Nemi, a Ponte Lambro), sèguito delle maxi operazioni – Crimine e Infinito – di luglio 2010, in cui furono tratti in arresto più di 300 affiliati tra Lombardia e Calabria.
Un maxi processo di mafia è già di per se un evento che è necessario raccontare, far sapere ai cittadini. Un maxi processo di mafia al Nord, in Lombardia, il cuore economico del Paese, lo è ancora di più.
Ma così non è stato, non se ne sono occupati i telegiornali, nemmeno i giornali nazionali.

Se si raccontano le modalità con cui la mafia più potente del mondo da sessant’anni governa in silenzio la regione più ricca d’Europa e quindi d’Italia, il motore di tutto il Paese, ciò che gli consente di stare dentro il G8 per esempio, se si racconta che gran parte dei capitali prodotti in Lombardia – e quindi una buona fetta del Pil italiano – è frutto di accordi con l’economia criminale, questo è quello che non si può dire, che deve rimanere taciuto.
Se si raccontano i meccanismi con cui ciò avviene, i metodi, le strategie, le logiche del controllo del territorio, degli accordi con i politici locali, della partnership con gli imprenditori, il ruolo del commercio di cocaina nell’accumulo di liquidità che entra nelle casse delle imprese pulite, questo è proprio ciò che deve essere silenziato. Se si fa vedere il meccanismo che sta sotto la guaina di protezione e si racconta, si analizza, si mostra l’ingranaggio così com’è, perché tutti lo possano vedere nel luogo che guida la spinta economica dell’intero Paese, si deve essere messi al silenzio.

E invece solo questo è quello che andrebbe raccontato se si volessero comprendere le ragioni del sistematico crollo economico e morale italiano. Per comprendere lo stadio a cui siamo arrivati è necessario fare un passo indietro o un passo in dentro, e avere il coraggio di scovarne le ragioni. La grande floridezza dell’economia del nostro Paese è in gran parte sommersa, aiutata in questo dal tessuto imprenditoriale che è proprio del nostro territorio: un arcipelago di medie, piccole, piccolissime aziende. 300 miliardi di euro ogni anno vengono sottratti alle casse dello Stato tra fatturato mafioso (circa 130 miliardi) e corruzione ed evasione fiscale (i restanti 170 miliardi): dieci grandi finanziarie.
Per troppo tempo si è voluto far finta di credere che la mafia – il primo Male italiano, la prima cosa che abbiamo esportato nel mondo e che contemporaneamente si mangia la fiducia nel futuro, alimentata dai concetti di merito, di premio per lo sforzo personale, unico vero motore economico – fosse confinata al Sud: se solo una parte del corpo è malata, allora si può guarire, allora il tutto è sano, non c’è da preoccuparsi.
Le maxi operazioni in Lombardia e Piemonte, le grandi operazioni in Liguria, Emilia Romagna e Veneto gridano che così non è.
E in Lombardia, già negli anni Novanta, ci sono state decine di maxiprocessi, con condanne per circa tremila affiliati di ‘ndrangheta. Tutti nascosti sotto terra, insabbiati, per allontanare sempre più il giorno della consapevolezza, della resa dei conti.

Ma quel giorno è alle porte, è evidente a quasi tutti. Sembra essere alle porte il momento di scrivere sulle prime pagine dei giornali che l’Italia è malata. Che il germe della corruzione non è confinato in una precisa latitudine, ma che il modo più facile per creare capitale, quello illegale, ha da sempre tentato e fatto gola a un certo tipo di italiani, del Nord come del Sud. E che da sempre le nostre quattro mafie hanno fatto comodo al tessuto produttivo dell’intero Paese e alla maggior parte della classe politica, che è sempre sembrata fare di tutto per non combatterle.
Dobbiamo avere il coraggio di dirlo, altrimenti – come sempre più spesso succede per i giornali – la realtà, i movimenti, i venti, non solo superano ma scalzano totalmente la comprensione, che resta azzoppata, monca, muta: stupida.
Un Paese senza un’adeguata Ragione che lo rappresenta è cieco, guidato dagli istinti.
È l’ora del coraggio, invece, della presa di coscienza.

Voglio fare un appello, soprattutto ai giovani, ma rivolto a tutti. Soprattutto a coloro che hanno deciso di “metterci la faccia”, di raccontare con il proprio nome i meccanismi con cui agisce la mafia, con cui agisce la corruzione, nel nostro Paese, a quelli che hanno deciso di dedicare anni, tempo prezioso, alla comprensione e al racconto.
Scrittori, giornalisti, attori, giovani delle organizzazioni antimafia, magistrati, uomini delle forze dell’ordine, politici: mettiamoci insieme.
Superiamo le minuscole logiche di appartenenza ai diversi gruppi editoriali, la difesa delle piccole o grandi notorietà, le personalizzazioni e uniamo invece le nostre voci, appoggiamoci, spalleggiamoci, diamoci forza reciproca. Facciamo vincere la verità. Costringiamo i grandi giornali e i telegiornali a occuparsi seriamente di quello che ormai non è più un’ipotesi, mettendo la firma insieme sotto la nostra consapevolezza: la completa compresenza dell’economia criminale e di quella legale sull’intero corpo della Penisola. Aiutiamo il vento che già si è levato ad andare nella giusta direzione, urliamo insieme che siamo per la legalità, per il rispetto delle intelligenze, dei meriti, del lavoro altrui, della Verità, e che siamo contro le arroganze, le prepotenze, l’annichilimento del talento e della fiducia nel futuro, siamo contro le logiche familistiche di spartizione della ricchezza e del lavoro. Gridiamo che siamo pronti per riprenderci finalmente il nostro Paese dove i Padri Costituenti l’hanno lasciato.

Gridiamo insieme. Questo è il momento. Gridiamo con forza la Verità. Firmiamo articoli che la raccontano. Facciamoci sentire. Guidiamo la consapevolezza. Ma tutti insieme, finché non saremo tutti gli italiani".

venerdì 17 giugno 2011

Pallone desaparecido in Argentina

Un mondiale di calcio che puzza ancora di sangue. Lo racconta Alec Cordolcini nel libro "Pallone desaparecido", edito da Bradipolibri. Qui trovate l'intervista andata in onda a Marconi Mediastore su Radio Marconi. Buon ascolto.

lunedì 6 giugno 2011

Facebook e il suo creatore Mark Zuckerberg

Retroscena e previsioni future sul social network più usato al mondo a cura di David Kirkpatrick, autore di "Facebook La Storia - Mark Zuckerberg e la sfida di una nuova generazione". Intervistato di recente su Radio Marconi, ecco qui il file audio. Buon ascolto!

mercoledì 1 giugno 2011

Buon compleanno, Ascanio Celestini!

Nel giorno del compleanno di Ascanio Celestini, vi propongo l'intervista all'attore romano, realizzata in occasione della data di Sesto San Giovanni de "La fila indiana", andata in onda ieri a Marconi Mediastore. Buon ascolto!